1. Nel 2014 in Italia sono aumentate del 19% le importazioni di olio di palma: un quantitativo record che ha superato i 1,7 miliardi di chili (fonte: Coldiretti).
2. L’olio di palma è presente in notevole quantità in dolci e torte, pasti, merendine, creme spalmabili come la Nutella, e persino dove non te lo aspetti tipo le fette biscottate integrali (Barilla). Secondo i detrattori contiene più del 40% di grassi acidi saturi “aterogeni” (che possono indurre l’aterosclerosi), che hanno effetti negativi sulla salute, compreso l’aumento del rischio di disturbi cardiovascolari.
3. L’olio di palma costa molto meno di altri tipi di oli vegetali, questo spiega il suo grande uso nell’industria alimentare commerciale.
4. Oltre il 90% dei prodotti da forno venduti nei supermercati contiene questo grasso vegetale di cui la maggior parte dei consumatori ne ignora persino l’esistenza. «L’olio di palma per il basso costo e la scarsa informazione – sottolinea la Coldiretti – tende a sostituire grassi più pregiati praticamente ovunque ed anche in alimenti per bambini come biscotti, merendine, torte e addirittura nel latte per neonati, con quantitativi importati in Italia che sono aumentati di dieci volte negli ultimi 15 anni, ma che ora si possono riconoscere dall’etichetta».
5. L’enorme sviluppo del mercato dell’olio di palma sta portando al disboscamento selvaggio di vaste foreste senza dimenticare l’inquinamento provocato dal trasporto a migliaia di chilometri di distanza dal luogo di produzione (Fonte: Coldiretti)
6. Ma l’olio di palma fa male o no? Una risposta univoca per il momento non c’è anche se sul tema si trovano diversi studi.
7. Una raccolta di studi condotta dai ricercatori e nutrizionisti italiani su oltre 50 lavori diversi e pubblicata nel 2014 su The American Journal of Clinical Nutrition, evidenzia che il consumo abituale di olio di palma fa aumentare in modo significativo la concentrazione di grassi nel sangue, dal colesterolo ai trigliceridi.
8. Secondo Anna Villarini, biologa nutrizionista presso l’Istituto nazionale dei tumori di Milano, il rapporto tra colesterolo cattivo (LDL) e buono ( HDL) aumenta, per cui alla fine si assiste a maggiori livelli di colesterolo cattivo. Un altro elemento evidenziato è la maggiore presenza di colesterolo cattivo nel sangue tra gli abituali consumatori di olio di palma, rispetto alle persone che impiegano altri grassi decisamente più salutari come l’olio extravergine di oliva. «Un’altra considerazione – continua Villarini – è che il palma viene spesso utilizzato in forma esterificata dalle aziende alimentari e questa modifica peggiora il profilo lipidico favorendo il danno cardiovascolare».
9. Un lavoro pubblicato su Lipids nel 2014 da Perreault M dove si associa il consumo di acido palmitico all’incremento di sostanze infiammatorie circolanti nel sangue: «è noto che gli stati di infiammazione cronica favoriscono lo sviluppo di varie patologie come le cardiovascolari, l’aterosclerosi, il diabete e anche alcuni tumori».
10. Uno degli studi più accreditati condotto in 23 Paesi nel periodo compreso tra il 1980 e il 1997, da Brian K Chen e collaboratori, nel 2011 ha esaminato gli effetti negativi sulla salute riferiti ad un lungo periodo. Gli autori sostengono che per ogni chilo di olio di palma assunto in più ogni anno, aumenta il tasso di mortalità per patologia cardiovascolare. La stima parla di 68 morti ogni 100.000 abitanti.
11. Ma non tutti la pensano così: per l’Istituto Mario Negri, studi recenti sembrano ridimensionare il ruolo negativo degli acidi grassi saturi sul rischio cardiovascolare. «Per quanto riguarda il rischio tumori», spiega l’Istituto, «esistono pochi studi specifici al riguardo ma l’ evidenza epidemiologica non supporta un ruolo degli acidi grassi saturi, dell’acido palmitico o dell’olio di palma nello sviluppo di tumori».
Il Malaysian Palm Oil Promotion Council, Comitato di promozione dell’olio di palma della Malesia (lo stato è il maggiore produttore al mondo di olio di palma) ha sostenuto in uno studio del 2013 che non ci sono prove scientifiche sufficienti per elaborare linee guida globali sul consumo di olio di palma, e ha citato uno studio cinese che avendo comparato lardo, olio di palma, olio di soia e olio di arachidi, i primi due con un alto contenuto di grassi saturi e generalmente considerati poco salutari, sostiene che l’olio di palma aumenta il livello di colesterolo “buono” (HDL) e riduce il colesterolo “cattivo” (LDL), e che l’olio di palma è meglio dei grassi trans, grassi che (nei paesi dove non sono regolamentati) sarebbero comunemente scelti come suoi sostituti in diverse produzioni alimentari.
13. Ricerche statunitensi ed europee confermano lo studio dell’OMS.
In particolare, l’associazione no-profit americana American Heart Association elenca l’olio di palma fra i grassi saturi dei quali consiglia di limitare l’uso a coloro che devono ridurre il livello di colesterolo.
14. Questa corsa agli approvvigionamenti di olio di palma, sta portando alla deforestazione di molti ettari di foresta nel sud est asiatico. Ci sono solo 6.300 oranghi di Sumatra e si stima che ne vengano uccisi 1000 all’anno, in parte (ma non solo) perché si trovano nella radura per la produzione di palme. Nel 2006, almeno 1.500 oranghi sono stati bastonati a morte da parte dei lavoratori di palma (Fonte: onegreenplanet.org).
L’opinione del nutrizionista (Bros)
15. Perché usiamo l’olio di palma?
O meglio: perché l’olio di palma è salito alla ribalta negli ultimi anni?
La risposta sta nell’aver demonizzato il burro, usato nei prodotti da forno, a causa del colesterolo. Il primo passo è stato introdurre la margarina, come mai?
Bisogna dire che i grassi saturi (chimicamente che non posseggono alcun doppio legame carbonio-carbonio) sono solidi a temperatura ambiente, dunque ideali per prodotti alimentari che sono anch’essi solidi. Il problema è che questi tipi di grassi (detti acido palmitico, stearico…..) vengono più facilmente trasformati in colesterolo dal nostro organismo, in più essendo di origine animale contengono anche quantità non trascurabili di colesterolo.
Ecco perché l’industria alimentare ha deciso di ricorrere ai grassi vegetali, insaturi (quindi con almeno un doppio legame carbonio-carbonio) e quindi liquidi a temperatura ambiente, e renderli parzialmente o totalmente saturi: i tristemente noti grassi vegetali idrogenati. Essi hanno una configurazione anomala per il nostro organismo, quindi si posizionano nelle membrane cellulari peggiorandone l’efficienza e sono potenzialmente cancerogeni.
Dunque seppur presenti ancora in vari cibi, sono stati accantonati. Ed è qui che entra in gioco l’olio di palma: esso è di origine vegetale, dunque privo di colesterolo, ma con buona percentuale di acidi grassi saturi quindi fornisce una base che nel prodotto finito è solida. Dunque l’olio di palma è meglio o peggio? Né l’uno né l’altro è un grasso saturo il cui eccesso è dannoso, di per se non è più pericoloso di altri. Discorso a parte andrebbe fatto sul colesterolo.
P.S.: il mio commento è di esclusivo ordine nutrizionale e biochimico, non entro nel merito sull’impatto dell’olio di palma sull’ambiente.